Fausto #Bertinotti: "Fiducia a #Tsipras anche sulle alleanze. Il dibattito italiano è ridicolo, con #Renzi in comune solo l'età" - http://www.huffingtonpost.it/2015...
- (...) I PARAGONI CON RENZI SI SPRECANO. Francamente non capisco in cosa risieda il parallelo. Una questione generazionale? La prestanza fisica? Stiamo parlando di due cose radicalmente diverse. È vero però che dal risultato greco molti governi europei sperano di ottenere rendite di posizione. SI SPIEGHI. Se Syriza riesce a rinegoziare il debito in patria apre la strada alla realizzazione del proprio programma, e in Europa la spiana a coloro che si sono mossi nel cercare di temperare le politiche di austerity, magari, da ultimo, sostenendo il tentativo di Mario Draghi. Insomma, i partiti socialisti in Europa potrebbero approfittarne. PER ORA SEMBRA CHE LA GRANCASSA LA SUONINO I POPULISTI DI DESTRA, COME LA LE PEN E SALVINI. Come i socialisti sperano di acquistare margini nei confronti delle politiche della Germania, i populisti hanno in comune con Syriza questa centralità dello scontro sociale tra alto e basso. Certo, a dividerli ci sono i temi dell'immigrazione, più in generale della discriminazione sociale. Ma Syriza non si farà cooptare. LEI SI ASPETTA UN TANGIBILE CAMBIAMENTO DEGLI EQUILIBRI CONTINENTALI? O È SOLO UNA SUGGESTIONE MEDIATICA? Questa è un'Europa oligarchica, una costruzione antidemocratica che costruisce un modello economico e sociale funzionale al capitalismo finanziario. Gli unici spunti di politiche redistributive che si sono visti negli ultimi anni arrivano dal di là dell'oceano, da Obama. Per questo la partita è molto dura. Non basta quel che riuscirà a fare Syriza in Grecia, ma si dovrà vedere quello che faranno i movimenti di tutta l'Europa, se riusciranno a riaprire il conflitto sociale nel continente. E IN ITALIA? In Italia le controriforme che stanno andando avanti chiudono il cerchio su un modello che spinge verso la governabilità. In Grecia ripartono dalla partecipazione. Ecco la differenza. - Sei Dee già Pulp
[l'analisi del voto SPIEGATA BENE... ;)] - Per il popolo greco la formazione di un governo centrato su Syriza costituisce non solo una speranza per il futuro ma anche un terreno più avanzato di lotta sociale nell’immediato. Syriza si è impegnata chiaramente a rovesciare l’orientamento della politica economica e sociale il che comporta, tra l’altro: creare 300 mila nuovi posti di lavoro, intervenire per ridare dignità a coloro che in questo momento si trovano ai limiti della sopravvivenza, restituire ai lavoratori i diritti che sono stati loro tolti, cancellare i debiti di chi si trova sotto la soglia di povertà, sospendere i pignoramenti, reintrodurre il salario minimo e la tredicesima per le pensioni fino a 700 euro, esenzione fiscale per i redditi fino a 12.000 euro e tassazione più progressiva, garantire l’assistenza medica gratuita per i disoccupati non assicurati, fermare le privatizzazioni. Sulla carta, il programma di governo di Syriza è ragionevole e fattibile. Comporta la ricontrattazione del debito, di cui una parte dovrebbe essere cancellata, nonché una moratoria nel pagamento dello stesso: non è una novità, a fronte di un debito che non può, realisticamente, essere pagato, non nella sua interezza e non in tempi stretti; i creditori hanno già dovuto accettare un cosidetto haircut sul debito greco. Nello stesso tempo si propone di rilanciare la domanda interna, il che ridurrebbe automaticamente il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno, sia per via della crescita del prodotto che per le maggiori entrate pubbliche, che si prevede aumentino anche grazie alla lotta all’evasione fiscale e al contrabbando. Per questo intende escludere gli investimenti pubblici dai vincoli del patto di stabilità; e sarebbe giusto che il quantitave easing della Banca centrale europea interessasse anche i titoli di Stato della Grecia, come dovrebbe essere ovvio in una unione monetaria. Nell’insieme, le misure del programma di Salonicco per affrontare l’emergenza sociale e rilanciare l’economia dovrebbero ammontare a circa un 6% del Pil della Grecia: non si può pensare di uscire dalla depressione con una spesa aggiuntiva inferiore. Il criterio di valutazione di un programma politico e di un risultato elettorale da un punto di vista anticapitalistico non è quello per cui si rivendica, semplicemente, il massimo concepibile. Innanzitutto, il programma deve poter rispondere alle necessità dei lavoratori e dei cittadini. Nello stesso tempo occorre chiedersi: il risultato elettorale costituisce o no un terreno più avanzato e più favorevole di lotta e di iniziativa dal basso? In prima battuta, la vittoria elettorale di Syriza comporta un sì a entrambe le domande. I lavoratori e i cittadini greci non devono fare altro che prendere sul serio le promesse elettorali di Tsipras, quelle espresse durante il meeting di Salonicco, e pretendere che siano messe in atto, tutte e completamente. Può e deve pretenderlo perché si tratta di misure minime di civiltà: e che esse debbano essere introdotte la dice lunga sull’inciviltà di chi ha portato la Grecia a questo punto. Se i lavoratori si metteranno in movimento pretendendo la concretizzazione del programma potranno ribaltare i rapporti di forza tra le classi e andare oltre lo stesso programma di Syriza. Potrebbero essere un esempio per l’Europa. Come sempre, la verifica risiede nei fatti, non nelle promesse elettorali, nel senso di appartenenza ideologica, meno che mai nell’immagine del leader. Syriza ha ottenuto un grande risultato elettorale, ma le mancano due voti alla maggioranza. A quanto pare, verranno dal partito Anel, acronimo per Greci Indipendenti. Si tratta di un partito fondato nel 2012 da Panos Kammenos, parlamentare espulso da Nuova democrazia per aver votato contro il governo di coalizione tra ND e Pasok di Papademos. In termini strettamente parlamentari la cosa non dovrebbe essere motivo di soverchia preoccupazione: Anel è un partito decisamente contrario al Memorandum sottoscritto dal precedente governo con la Bce, il Fmi e la Commissione europea; nel Parlamento europeo fa parte del gruppo Conservatori e riformisti europei, di tendenza «euroscettica»; sostiene che parte del debito estero debba essere cancellato; che l’Europa sia governata «da tedeschi neo-nazisti». Insomma, come accade in tutte le coalizioni, è possibile che tra Syriza e Anel si litighi su questo o quel punto, ma si può anche ragionevolmente presumere che Anel non abbia eccessivi problemi a votare per la maggior parte delle misure di emergenza che fanno parte del programma di Syriza e che non sia particolarmente suscettibile a pressioni provenienti dalla Commissione europea. In particolare chi propone di uscire dall’eurozona e dall’Unione europea non dovrebbe scandalizzarsi per questa coalizione: in fin dei conti, fantasticando di una situazione simile in Italia, costoro potrebbero trovarsi a contare sulla Lega nord. Ricordo inoltre che il Partito comunista greco, il Kke, dispone di 15 deputati, due più di Anel. Se volesse, potrebbe impegnarsi ad appoggiare, anche solo dall’esterno, un governo Syriza, permettendogli almeno di mettere in atto quelle misure da cui il popolo e i lavoratori greci non possono prescindere in alcun caso. Negli anni Ottanta, il Kke rinunciava a fare (moderata) opposizione ogni qualvolta il governo Pasok di Andreas Papandreou lo coinvolgeva in iniziative neocorporative col sindacato (il che, nella Grecia del tempo, era la norma) o faceva mostra di collaborare con qualche paese del blocco sovietico, questo mentre il Pasok strutturava la propria rete clientelare e di corruzione, i cui effetti sull’apparato statale si fanno sentire ancora oggi; nel 1989, mentre Papandreou era sotto accusa per gravi casi di corruzione (tra cui l’appropriazione indebita di 200 milioni di dollari da parte della Banca di Creta), fu al governo insieme a Nuova democrazia; di nuovo al governo insieme a Nuova democrazia e al Pasok nel 1990. Quando ha voluto e in circostanze infinitamente meno gravi delle attuali il Kke non ha rinunciato a governare con la destra, sia pure per breve tempo, e a condurre una benevola e oscillante opposizione nei confronti del Pasok, che al tempo si costruiva come un partito-Stato. Visti i precedenti, il netto rifiuto del Kke di collaborare con Syriza si comprende solo alla luce della congenita logica settaria, in salsa stalinista, di questo partito. Se fosse un partito responsabile davanti ai lavoratori permetterebbe a Syriza di formare il governo, ne appoggerebbe le misure sociali indispensabili, l’incalzerebbe per estenderle e si batterebbe per radicalizzarle (il che significa, per il Kke, uscire dall’eurozona). In altri termini, farebbe del suo meglio per mettere politicamente Syriza con le spalle al muro costringendola, se è questo è il caso, a dimostrare il proprio opportunismo. A mio parere, che Syriza si trovi a dover contare sui voti parlamentari di Anel pone un grave problema essenzialmente nei confronti dell’iniziativa autonoma dei lavoratori. Se questi dovessero mobilitarsi per la realizzazione rapida e integrale del programma di Salonicco, lottare per specifici obiettivi di categoria, andare oltre, in questo movimento, la linea del governo, allora potranno emergere forti contrasti nella coalizione e si chiarirà in modo inequivocabile la tempra di cui sono fatti Tsipras e il suo partito. Questa, però, è questione che potrebbe porsi in ogni caso, anche se Syriza disponesse della maggioranza assoluta o formasse il governo con il Kke. La coalizione con Anel potrebbe rendere più brevi i tempi e più acuto il problema sul piano dell’unità del governo. Questo ragionamento è tutto al condizionale, perché all’equazione manca ancora un valore: appunto quello della mobilitazione di massa e autonoma dei lavoratori e dei cittadini, vale a dire il fattore decisivo per capire in quale direzione si orienti la nuova e insolita coalizione di governo. --> http://ht.ly/2TW95M - Sei Dee già Pulp
[le prospettive che si aprono in Europa con la prima rottura del fronte delle larghe intese pro austerità] - “L’Europa è lo spazio di una battaglia comune - disse Alexis Tsipras il 2 febbraio 2014 al teatro Valle, allora occupato, dove il leader di Syriza che oggi ha vinto le elezioni con il 36,3% dei voti apriva la campagna elettorale europea - Dobbiamo rompere il muro di vetro dogmatico del neoliberismo”. Queste frasi generarono una seduta di training motivazionale nella platea italiana. Per due volte dal pubblico salì un moto di sfiducia in se stesso, nella sinistra, nell’Europa, nella vita. Quando Tsipras ribadì che per Syriza è stato fondamentale il patrimonio culturale dei comunisti italiani e della sinistra No Global, la platea rise istericamente. Tsipras provò a rassicurarla: «Nessuno è profeta in patria – disse - invece di autofustigarvi prendete le cose positive, andate avanti”. Ci furono applausi non troppo convinti. Le cose positive le ha prese Syriza, mentre in Italia la mancanza di politica continua a generare mostri. Contro il sovranismo e il nazionalismo L'aneddoto restituisce una visione politica difficilmente applicabile in Italia, ma operativa nel resto del continente. La vittoria di Syriza si spiega con la proposta di un nuovo spazio politico in Europa. Né liberale, né socialdemocratico, tale spazio non è mai esistito dalla creazione dell’Europa unita a oggi. L’affermazione di Podemos in Spagna alle elezioni di novembre potrebbe rafforzarlo. Tale spazio è antitetico rispetto a quello delle destre xenofobe e nazionalistiche che hanno cercato di intestarsi questa vittoria anti-austerity. Nel prossimo biennio l'Europa verrà squassata da un'alta volatilità politica che potrebbe rovesciare il bipolarismo connivente tra socialisti e democristiani, aprendo a due opzioni: le destre sovraniste contro l'europeismo politico delle nuove sinistre. Questo conflitto si spiega con la caduta rovinosa del pactum sceleris tra l’Europa conservatrice e quella socialdemocratica in nome del neoliberismo e dell’austerità. Resta da capire quale sblocco avrà la crisi: se a destra o a sinistra. O resterà fermo, paranoicamente, al centro. Prima di arrivare alla definizione di un simile campo, c'è da capire come si comporterà Syriza a cui sono mancati due seggi per raggiungere la maggioranza assoluta. In maniera spregiudicata, Tsipras si è alleato con la destra anti-austerity di Anel per ottenere la massima unità sul tema del debito, forse a discapito delle questioni sociali o dell'immigrazione. Tsipras punta sulla sua forza elettorale, anche se non è escluso che gli equilibri parlamentari potranno cambiare. A causa dell'esito del voto, questo nuovo spazio politico resta in gestazione, anche se la vittoria di Syriza ne ha rivelato i lineamenti decisi. Quando l'austerità è una guerra Il progetto di Syriza resta minoritario, ma dimostra un potenziale di crescita. Al momento le proposte di Tsipras restano compatibiliste e finalizzate alla ricostruzione di un legame tra capitalismo e democrazia. Più in là, non può andare, né forse vuole andare. Tuttavia, la paradossale debolezza di Syriza apre già oggi uno spiraglio impensabile in Europa. Il suo tentativo andrebbe sostenuto tatticamente per rafforzare un’alleanza politica contro l’Europa germanizzata e contro l'estremismo centrista e liberista di partiti come il Pd in Italia. Se l’”austerità è una guerra”, dice Tsipras, e il primo fronte è quello dei “paesi dell’Europa del sud”, allora questa guerra va combattuta. Non è detto che il suo esito porterà ad un nuovo patto tra il capitalismo e la democrazia in nome di un riscoperto neokeynesismo. Una soluzione economica tutta ancora da inventare, in realtà. La crisi ha spostato la produttività del capitalismo verso la finanza, lasciando macerie nella realtà. E nessuna risorsa per lo Stato sociale. Tra mille difficoltà Syriza potrebbe rappresentare il primo passo verso ipotesi più radicali di governo in Europa. Ma tutto questo è prematuro e forse non ci sarà mai una risposta. In compenso, dopo i primi cinque anni di guerra, Tsipras ha in registrato due punti contro il social-liberismo e il nazionalismo sovranista di sinistra che nel 2004 affossò il referendum sulla Costituzione europea. Non che oggi essa vada difesa, anche perché le critiche al suo impianto neoliberista erano, e sono, ragionevoli. È lo scenario ad essere cambiato. Così lo ha descritto Tsipras: con la crisi l’Europa è diventata lo spazio della lotta di classe, sociale ed economica, il campo privilegiato per cambiare gli equilibri a favore di chi lavora, di chi è precario o disoccupato. La guerra che combattiamo non è tra gli Stati o tra i popoli tornando alla svalutazione competitiva delle monete nazionali. È contro i banchieri e il capitale finanziario. Per questo dobbiamo cambiare la costituzione politica e materiale dell’Europa”. I soggetti della lotta di classe Con quali soggetti condurrà questa lotta di classe per una nuova costituzione europea? Non con i comunisti del KKE che hanno impedito la formazione di un governo di sinistra in Grecia. Per loro quello di Tsipras è un tentativo “neo-capitalista” e “pro-euro”. Sono scenari, e disastri, già visti in Europa. Il giornalista del Guardian Paul Mason segnala che la crisi ha generato in Grecia (e non solo in Grecia) nuove classi sociali. Il voto a Syriza è infatti trasversale. Ci sono i poveri e i disoccupati, il ceto medio, e poi una generazione ispirata alla “fiducia in se stessi, alla creatività, alla propensione a trattare la vita come un esperimento”. È la generazione senza futuro. Sulle sue spalle gli oligarchi hanno scaricato il peso dell'austerità che non intendono pagare. Il voto a Syriza è una rappresaglia contro la loro corruzione. L'appello ai ricercatori e alla Grecia della creatività, rivolto da Tsipras nel discorso di domenica 25 gennaio, è rivelatore. Questa è anche la base della nuova economia sociale che si è affermata in Grecia. Comprende il mutualismo dei gruppi di acquisto, delle cooperative, dell'economia della condivisione e del cowork (Impact Hub promuove impresa sociale e l'innovazione). È a questo quinto stato che si rivolgono esperienze di autorganizzazione come la rete Solidarity for All. Un modello ricavato dalla Piattaforma degli Ipotecati in Spagna che ha lanciato una campagna anti-sfratti, sgomberi e pignoramenti. Poi ci sono le esperienze di mutualismo sui medicinali, le mense popolari, le fabbriche recuperate, il commercio dei prodotti alimentari in circuiti auto-gestiti. Tutto questo non fa una classe in sè, ma è parte di un esperimento fondato su pratiche emergenti, dal basso verso l'alto. Come far durare un movimento? Per esistere Syriza dovrà coesistere con questi movimenti, tutelando la loro autonomia fino al punto di scontrarsi. Senza il movimento la sua debolezza politica travolgerà il governo di Tsipras. Pur con una base militante limitata (30 mila iscritti) Syriza vuole unire la resistenza dal basso con le lotte dei lavoratori e dei precari, i movimenti di solidarietà, il mutualismo e l'economia della condivisione creati nell’ultimo terribile quinquennio. Per resistere, queste pratiche vanno strutturate e politicizzate in organismi autonomi sostengono i loro protagonisti. Si sta parlando di pratiche istituenti, quelle descritte dal filosofo greco-francese Cornelius Castoriadis. L'autore de L’istituzione immaginaria della società sosteneva che il sociale non significa molte persone. E il politico non è l’istanza verticale che serve a decidere. La ricchezza della “società civile” non viene sintetizzata nella persona unica del sovrano. Syriza, come Podemos in Spagna, non occupano il posto al vertice e non governano lo spontaneismo delle masse. La miseria della sinistra europea sta nell’ostinata riduzione della politica alla psicologia collettiva, mentre il progetto di Syriza, e domani di Podemos, non è il risultato della connessione sentimentale tra un Capo (o un “ceto dirigente”) e le masse. Il progetto di Tsipras è invece basato sull’istituzione. Tutto parte dalle pratiche che formano regole le quali costituiscono organi collettivi che modificano comportamenti individuali. Poi c’è la creazione di circuiti e flussi che attraversano forme politiche nelle quale singoli e gruppi riversano la propria volontà di esistere e si riconoscono in base alle azioni e ai rispettivi benefici. Parliamo di istituzioni auto-governate che generano decisioni politiche. Sono ricavate da una ricostruzione microfisica di un tessuto sociale all’interno di uno spazio politico aperto sul futuro non determinato. Questo sporgersi sull’ignoto consiste nel tentativo di ripopolare dispositivi che sembravano desueti: innanzitutto il mutualismo, riemerso dopo 70 anni di Stato sociale, 40 di neoliberismo, 5 di austerità. Al governo di Syriza spetta il compito di riconoscerlo. --> http://www.alfabeta2.it/2015... - Sei Dee già Pulp
«Con la squadra pronta, il primo provvedimento che Tsipras adotterà nel primo consiglio dei ministri sarà con ogni probabilità uno dei più popolari, una promessa solenne fatta da Syriza in campagna elettorale: l'aumento del salario minimo da 450 a 751 euro lordi, che dovrebbe essere seguito dal ripristino delle regole sulla contrattazione collettiva, cancellate dal governo conservatore di Antonis Samaras su richiesta della troika». --> http://www.ansa.it/sito... (v. anche http://friendfeed.com/seideeg...) - Sei Dee già Pulp