Senape, qui parlano anche di te http://www.borborigmi.org/2015...
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E mi chiedo dunque: esiste la possibilità di costruire una comunità virtuale degna di questo nome (per esempio simile a quella che che conosciuto su Friendfeed) in un ambiente non proprietario, forse degno dei primi giorni di internet? C'è chi ci sta provando, ma penso bisognerebbe discutere anche (e soprattutto!) di business model e fattibilità economica (quanti utenti? Chi paga? Come? Crowdfunding? Donazioni? Quota annuale? Kickstarter?), e non solo degli aspetti tecnici.
- Non sono Bob
non è una domanda cretina, eh? Come si va avanti? Cosa diventerà frienf.it? (magari Senape l`ha già detto e non l`ho visto).
- Massimo Morelli
Uhm, perché io borborigmi lo conosco? Mi suona
- Ubikindred
Ubi, è il blog di Marco Delmastro, fa il ricercatore nel gruppo Atlas di LHC
- M.
Infatti è tutto meno che cretina. (anche risolti i problemi tecnici, rimandono quelli relativi alla sostenibilità)
- Non sono Bob
E Delmastro bazzica anche qui.
- Non sono Bob
A volte :-)
- Marco Delmastro
il dubbio sulla sostenibilità è anche mio, e non solo mio http://friendfeed.com/marcobe...
- mu
Aaah, ok, è Delmastro. Capito
- Ubikindred
A parte che frenfi è tutto tranne che non proprietario, il problema non è banale ed è tecnico molto prima che economico.
- Marco d'Itri
Un social network "non proprietario" deve essere per forza distribuito, cioè composto da un numero potenzialmente illimitato di siti/nodi/servizi federati. Diaspora diceva di volerlo fare ma per ora ha prodotto solo fuffa. matrix.org (per ora) è più instant messaging che social network, ma se proseguirà come da programma (cosa non scontata: è un problema complicato) potrebbe essere l'infrastruttura su cui costruire un social network distribuito.
- Marco d'Itri
frenfit infatti è 100% proprietario, come dice Md'I. Diaspora era un bel concept, ma non è mai andato oltre quello (e se non erro è pure morto il fondatore, quindi non mi aspetto nulla). Certo, un social network distribuito sarebbe una bella idea... MA arriverebbe comunque fuori tempo massimo, perché il vero problema dei social non è la tecnologia, ma la base utenti. E se tutti sono su facebook, da facebook non ci escono manco per il caz. Un SN distribuito andava sviluppato nei primi 2000. La golden age è bella che andata da mò.
- M.
Non so. Comunque senape una idea ce l`avrà pure. MI sembra stiate confermando che non l`ha divulgata.
- Massimo Morelli
Oh, "economico" non vuol mica dire solo "dei soldi per pagare il server", ma anche (e soprattutto) "delle scelte di chi lo usa e come" (il che va nella direzione della questione della base di utenti appena citata) e "di come monetizzare per mantenere in piedi" (nel senso pagare sviluppo e gestione, non il solo costo del server)
- Marco Delmastro
Che è, a pensarci bene, proprio la questione di come far vivere un'impresa basato sull'OpenSource, no?
- Marco Delmastro
sì e no Marco. Perché puoi sì usare software open source, ma non rilasciare il tuo codice. Frenf.it è (strettamente parlando) un progetto privato, scritto sì utilizzando tecnologie open, ma il codice è inevitabilmente closed, perchè è installato su un solo server, il cui accesso ha solo senape e non è pubblico (per ovvissimi e sacrosanti motivi). Con tecnologie OpenSource puoi farci benissimo imprese private che di open non hanno nulla.
- M.
una roba davvero open source (esempio banale) è wordpress, che chiunque può installarsi sul suo server. Per i social network è più complicato, perché le varie piattaforme dovrebbero parlarsi tra di loro...
- M.
Ho usato una metafora non del tutto appropriata, mi spiego meglio. Non è tanto l''apertura del *codice* che mi interessa discutere (per quanto sia un aspetto interessante, eh), ma la relazione tra un servizio *aperto* (nel senso che è accessibile a tutti senza costi di ingresso. In questo senso, ma solo metaforicamente, simile per esempio a una distribuzione di Linux) e la sostenibilità di un progetto basato su questo servizio (che, non avendo rendite dalla vendita dei biglietti d'ingresso, deve trovare un modo per autosostenersi (i vendor delle distro per esempio vendono consulenza. Senape chiede donazioni: basteranno?)
- Marco Delmastro
nel caso di Frenfit in quanto piattaforma proprietaria, le strade direi che sono abbastanza battute. 1) chiuso a subscription (non mi vengono esempi) 2) freemium (aperto, ma con opzioni aggiuntive a pagamento, ad esempio Inoreader, solitamente in combinazione con il punto successivo) 3) finanziato con l'advertising (banner/direct marketing, ad esempio: facebook stesso) 4) finanziato con le donazioni (es. classico: wikipedia). Ciascuna strada ha le sue particolarità e le sue difficoltà.
- M.
quello che servirebbe è reinventare per la terza volta Usenet (la seconda volta è stata con i trackback). Un sistema distribuito deve per forza trovare un sistema di fare connessioni tra i vari nodi, in modo ottimale (altrimenti rischiamo di usare troppa banda) e sicuro (con un qualche tipo di autenticazione per non trovarsi troppa rumenta)
- .mau.
scusate, ma perché dovrebbe essere distribuito (nel senso usenet)?
- Massimo Morelli
Se aggiungi anche la crittografia diventa *davvero* complicato: https://moderncrypto.org/mail-ar...
- Marco d'Itri
secondo me la cosa migliore di senape è che "FA". Si è rimboccato le maniche e fa, e poi cosa sarà si vedrà. Senza questo primo step niente di tutto questo ha senso.
- fewdayslate
Massimo, se non è distribuito è inevitabile che non sia più aperto (ed è anche molto più complicato da sostenere economicamente).
- Marco d'Itri
io pensavo soprattutto al sostentamento economico
- .mau.
(@few infatti ne stiamo discutendo, ammetto in maniera accademica, proprio perché ha "FATTO". Non vorrei che, di nuovo, discutere l'argomento paia una critica nei confronti di chicchessia. Nel caso non era mia intenzione, né immagino dell'autore originario della riflessione)
- Non sono Bob
ma no, però le cose succedono quando le fai. Il discorso accademico in italia porta a volunia e alle startup invisibili di telecom italia mobile digital storia bazza. Non voglio criticare voi, dico solo che forse è il caso di dare un respiro più ampio e lasciare tempo a chi sta lavorando di dargli la forma che ha in testa. A quel punto tutto sarà meno accademico e più sensato. Su una discussione più sensata di tecnologia ci sto sempre volentieri, sui se fosse un po' meno (caratteraccio, scusa bob)
- fewdayslate
anche da parte mia massimo rispetto per il buon senape eh! Giusto per chiarire. Non cambia poi il succo del discorso :)
- M.
il fatto è few è che non c'è nulla di davvero nuovo in frenfit. E' una piattaforma proprietaria di social networking, scritta e pensata fin dall'inizio come arca di salvezza per mantenere la community sviluppata negli anni su un social morente. La sostenibilità economica, se pur ci sarà (e glielo auguro, altrimenti tutto lo sforzo è stato invano), non passa per moltissime soluzioni (le ho elencate sopra).
- M.
E, aggiungo io (dopo aver ribadito il massimo rispetto per il lavoro di Senape, che non intendo giudicare in nessun modo, soprattutto non adesso), il rischio a discutere solo l'aspetto tecnico e non quello economico (nel senso più largo che si può), è di andare incontro in fretta la marginalità che altri progetti (Diaspora, per dire) hanno incontrato quasi subito.
- Marco Delmastro
chi lo sa, magari lo puoi utilizzare come piattaforma utile in altri contesti. È un modello di social minoritario (e non perchè viene da frenfi) ma questa (al momento) è una caratteristica, non è un difetto né un pregio. cosa ne farà senape, quanto gli costa, cosa ha in mente, sono tutte domande lecite, ma alle quali mi sa può rispondere lui. E ora è presto, anche per farle secondo me
- fewdayslate
il resto del discorso (social networking distribuito) è davvero fuori tempo massimo. Gli utenti ce li ha tutti zuckerberg e una roba distribuita non riuscirebbe mai ad avere la massa critica sul mercato, abbastanza da riuscire a sostenersi (come fa ad esempio Automattic con Wordpress o Canonical con Ubuntu)
- M.
(oddio, magari sì... ma non è solo questione di "software" è anche questione che un social ha valore prima di tutto per la GENTE che c'è dentro, la parte tecnologica è secondaria, quindi la strada è quantomeno molto più in salita)
- M.
Lo rispiego più chiaramente: un sistema federato ("distribuito") non ha il problema della sostenibilità economica perché ciascuno si gestisce e si paga il proprio server su cui magari invita un po' di amici che in cambio gli pagano una birra. Un sistema che si basa su un singolo server invece ha bisogno di molte più risorse e il proprietario magari dopo qualche anno si rompe le palle di pagarlo e/o di gestirlo.
- Marco d'Itri
uh .mau che parla di trackback :) ma la soluzione identi.ca, status.net, gnusocial ? si può definire distribuito
- Lorenzo R v rs
Md'I è lo stipendio della gente che lo sviluppa? O mi dici che credi per davvero nella magia della collaborazione open source? Dopo la storia di OpenSSL, che praticamente è mantenuto da un tizio da solo? E' un po' una favoletta eh.
- M.
identi.ca/status.net è sostanzialmente morto perché l'utenza è rimasta su Twitter e francamente non aveva nessun motivo di usare un altro servizio.
- Marco d'Itri
Ho lavorato ad abbastanza software libero da abbastanza tempo per sapere che la magia funziona se chi ci lavora è incentivato a farlo, e i soldi sono solo uno dei possibili incentivi e pure uno abbastanza debole.
- Marco d'Itri
Detto questo, per il nostro scopo (comunità dell'ordine di grandezza del migliaio di utenti) si può tranquillamente fare tutto che sta su un piccolo server e funziona lo stesso, e qui c'è chi un clone di FriendFeed del genere lo implementa in un fine settimana. Bisogna capire se stiamo parlando di risolvere il nostro problema contingente oppure quello più generale della comunicazione post-web 2.0.
- Marco d'Itri
ma lasciando da parte che non ha avuto successo, il problema posto dalla fine di friendfeed è trovare soluzioni sostenibili per community legacy, certo non creare il prossimo twitter. Il protocollo di GNUsocial è sensato ?
- Lorenzo R v rs
beh, gestire e finanziare una roba tipo Frenfi non dovrebbe essere impossibile, proprio perché i costi di manutenzione non sono certamente esagerati. Direi che non è nemmeno in discussione, tra l'altro la comunità mi sembra abbastanza coesa e non è limitata al solo pubblico italiano, quindi sotto questo aspetto per me sta in una botte de fero, per me con le donazioni e un minimo di trasparenza "a là wikipedia" ne ha per campare 100 anni.
- M.
quindi per me il discorso da fare è per forza di cose più generale
- M.
(tra parentesi, visto che comunque si parla di web e ambienti distribuiti, a nessuno vengono in mente esperimenti di social network basati su WebRTC?)
- Claudio Cicali
Claudio, mi par di capire che su questo WebRTC ci siano le manine di Google?
- M.
No no, è una tecnologia non un'implementazione. Ed è aperta e libera http://www.webrtc.org/web-api...
- Claudio Cicali
Il supporto è po' *cough* cosí cosí *cough* diciamo http://iswebrtcreadyyet.com/
- Claudio Cicali
Claudio, matrix.org supporta già chat A/V con webrtc usando la loro infrastruttura per il signaling.
- Marco d'Itri
Ti faccio presente che tutto quello che fa e fa girare Wikipedia è pubblico, qui per ora frenfi mi pare che non abbia nemmeno un metodo per esportare i propri dati.
- Marco d'Itri
perché non dovrei parlare di trackback? Erano in teoria una bella idea
- .mau.
Comunque la comunità sarà pure piccola, ma nel momento in cui frenf.it volesse ospitare direttamente immagini e altri media (come fa FF, e non come link esterni) probabilmente la questione del costo di spazio disco e banda non sarebbe più trascurabile. O sono ingenuo?
- Marco Delmastro
nah, resterebbe roba gestibile con una CDN, credo.
- M.