Klimt a Palazzo Reale, Milano. Penso sia giusto dirvi qualcosa che a me non hanno detto e mi sarebbe piaciuto l'avessero fatto. Nelle sale sontuosamente allestite, e bene, suona Beethoven, l'Inno alla gioia. Concentrati sui dipinti, la musica entra a tradimento, provoca il pianto per eccesso di esperienza, di bellezza.
Klimt dipinge in un periodo di splendore estetico, ma di valori che si stanno svuotando, la contraddizione non potrebbe essere più chiara nei suoi dipinti, nelle donne che raffigura. Se a questo scrigno aggiungi il lirismo settecentesco di Beethoven, e non te ne accorgi, diventa difficile resistere al soffocamento estetico. È molto bello, è molto ricco, è un passaggio favorito dal carattere raccolto degli arredi della mostra, per una volta di altissimo livello. - palmasco
Non credo di dire una novità sottolineando il carattere storico della mostra, dai dipinti giovanili alla maturità. In questo caso però il passaggio della conquista dello spazio è più evidente del solito, proprio per il carattere fortemente decorativo dell'opera. (continua) - palmasco
Klimt nella mia testa è il lato di una medaglia dove sul rovescio c'è Schiele. - astry
Nei lavori giovanili il soggetto è al centro di uno spazio, quello della tela, che non viene utilizzato se con come sfondo. Crescendo, come avviene in tutti i pittori, ma ogni volta notarlo è un po' fare parte della magia del mestiere, lo spazio della tela diventa il centro del mondo, e l'esperienza dell'artista lo conquista e lo piega alle sue necessità e a quelle del soggetto. Nel percorso di Klimt la conquista è particolarmente manifesta, ho trovato. - palmasco
@astridula verso la maturità avanzata, Klimt comincia a cercare qualcos'altro e si muove in una direzione che ricorda Schiele, per esempio nel meraviglioso quadro qui presente che si chiama La Famiglia, mi pare, una donna che dorme avvolta nel suo mantello scurissimo, con le due bimbe accovacciate con lei. Splendido. http://www.artribune.com/wp-cont... - palmasco
Per quanto mi riguarda, la mostra aggiunge a Klimt una dimensione nuova, che non conoscevo affatto, quella del paesaggio, della natura in generale. Non sempre convincente, aggiungo, ma con delle punte di straordinaria sensibilità e creatività artistica, come I pini in inverno, dove l'intero quadro è costruito come una colata di colori sulla tela, che però magicamente disegnano un albero e il bosco in cui vive. - palmasco
Senti mi ti puoi prestare un attimo come guida artistica ai musei? - In Do
Sono rimasto ad ammirare a lungo la riproduzione realizzata a Venezia nel 1984, se ricordo bene, del Beethoven Frieze (Il Fregio di Beethoven), un padiglione che Klimt aveva decorato con questa composizione in affresco, mi pare, che quindi non può viaggiare perché di dimensioni esagerate - decine di metri. Avvolto nella sua corazza d'oro, il musicista segue le sue muse in un percorso pericolosissimo, disseminato da presenze inquietanti, gorilla e serpenti e donne e donnacce, per arrivare finalmente alla sua poesia :) - palmasco
Sono rimasto ammirato dopo essere stato perplesso. Non mi convinceva l'idea di vedere una riproduzione, ma poi la stessa mi è sembrata di altissimo livello, anche se, ovviamente, non avendo visto l'originale non potrei dire. Ma vedendo la resa, credo se ne possa essere davvero contenti. - palmasco
interessante, sai quando ha dipinto La famiglia? c'è un quadro con lo stesso titolo di Schiele, dipinto nel 1918, cioè poco prima che la sua compagna - che era incinta - e lui stesso morissero colpiti dall'epidemia di spagnola http://www.settemuse.it/pittori... - astry
Se non ricordo male, Famiglia è del 1909. - palmasco
Secondo me è meglio andare in orari improbabili, se possibile. È vero di tutte le mostre, ovviamente, ma di questa in particolare. Non riesco a immaginare di averne piena esperienza tra scolaresche agitate e folla mormorante - si perderebbe il carattere insinuante della musica del Ludovico Van :) - palmasco
Ero lì, quindi, che cercavo di ricompormi, quando irrompe un motivetto pop molto sgradevole, ad altissimo volume, un telefonino. Mentre la maschera, per fortuna, invita tutti a silenziare i telefoni, la signora con i suoi occhialetti da vista tempestati di strass risponde tranquillamente a piena voce, iniziando una conversazione con l'amica - senza avvisarla della situazione delicata in cui si trova. La maschera provvede con cenni gentili, ma decisi, a spiegarle che è vietato parlare al telefono nelle sale. Un po' stupita, ma senza alcuna resistenza, la signora saluta l'amica a chiude. Applausi a scena aperta :) - palmasco
Ancora un'ultima nota. C'è una sovrapposizione curiosa che non sfuggirà a chi ama Kubrick, figuriamoci ai fanatici di ClockWork Orange (Arancia Meccanica) come me. Le note dell'Inno alla Gioia, del grande Ludovico Van, sono infatti il cuore degli atti più brutali del protagonista di quel film. Una musica della quale Kubrick si è appropriato per sempre, in un certo senso, ma che si sovrappone benissimo a un altro tipo di violenza che chiaramente Klimt voleva raccontare, se si guardano bene le sue figure. Così alla fine ti viene il dubbio che Kubrick avesse guardato Klimt meglio e prima di tutti noi :) - palmasco
mi è apparso questo tuo post mentre leggevo altrove dell'ouverture dell'Egmont. Oggi la casualità mi parla di Beethoven :) - mastrangelina
Allora stasera dovresti procurarti e rivedere Arancia Meccanica :) - palmasco
(l'idea dell'orrore di una scolaresca alla mostra, uno spettro che si agita su tutte le mostre del mondo di ogni tempo, mi è stato suggerito e rinforzato da una scena che ho visto subito all'uscita, mentre per fortuna andavo via. Un paio di classi, a occhio, si preparavano a entrare. Spinte, confusione, battute stupide, risatine, solito casino. E una voce esasperata di maestra che gracchiava: Who vieni qua, Who vieni qua. E Who se ne fotteva :) - palmasco
(Who secondo me si pronuncia Whu, come diceva la maestra) - palmasco